Inutile fare gli gnorri e dire che il denaro ci è stato regalato. Il contribuente che dichiara “zero”, perché disoccupato, non può poi acquistare un’automobile, specie se costosa. A non fare i conti col fisco, infatti, si rischia un accertamento ai fini Irpef
Né vale sostenere che, comunque, si è mantenuti dal coniuge o dagli altri familiari: simili affermazioni restano “campate in aria” e del tutto inutili se non supportate da prove concrete come il trasferimento di denaro effettuato, in passato, con strumenti tracciabili (bonifici bancari, assegni non trasferibili, ecc.).
Insomma, ci deve sempre essere una pressoché precisa corrispondenza tra ciò che entra e ciò che esce dal bilancio del singolo contribuente. È quanto ritiene la Commissione Tributaria Regionale di Potenza che, con una recente sentenza [1], ha ritenuto, in un caso simile, legittima la pretesa avanzata dall’Agenzia delle Entrate.
Fatale il redditometro
È facile che l’acquisto di un bene costoso faccia insospettire il fisco. Così allertata dal redditometro, l’Agenzia delle Entrate procede infatti al cosiddetto accertamento sintetico. In particolare, l’intestazione di un’automobile è considerata un preciso elemento rilevatore di capacità reddituale.
Si potrebbe allora sostenere che il bene è stato acquistato con denaro di un familiare ma, in tal caso, bisognerà dimostrare la cosiddetta donazione indiretta, ossia il trasferimento del denaro dal conto del donante a quello del beneficiario, denaro con cui poi è stato acquistato il mezzo. Ma, in mancanza di prove documentali (i testimoni non sono ammessi), la tesi del contribuente è destinata a fallire.
Secondo la sentenza, non si può neanche tenere conto, ai fini della capacità contributiva, del reddito del coniuge, titolare di reddito fisso: anche tale presunzione può essere superata solo da una concreta prova contraria fornita dal contribuente.

